Tornare a sentire quel profumo, quel sapore, che ci riporta indietro nel tempo e che ci fa sentire a casa ovunque noi siamo.

venerdì 22 aprile 2016

Torta "Clara" alle mele con olio extravergine Clara e briciole di crumble all'olio e semi tostati.


Con questa ricetta partecipo al contest" Chef per un giorno con olio Clara", ideato da Excellence Magazine in collaborazione con un prodotto meraviglioso marchigiano Olio Clara.




Ho avuto il piacere di conoscere Daniele Paci e ascoltandolo mentre parla di olio Clara mi fa venire in mente la citazione di G.Piovene, si decisamente questo prodotto è un "distillato" di profumi 
"Le Marche sono un plurale.Se si volesse stabilire qual è il paesaggio italiano più tipico, bisognerebbe indicare le Marche… L’Italia, nel suo insieme è una specie di prisma nel quale sembrano riflettere tutti i paesaggi della Terra, facendo atto di presenza in proporzioni modeste e armonizzandosi l’un l’altro. L’Italia, con i suoi paesaggi, è un distillato del mondo, le Marche dell’Italia” (Guido Piovene, Viaggio in Italia)

In un momento come questo in cui nella cucina pullulano ricette dei senza questa mi è sembrata l'occasione per rispolverare un tipo di dolce tipico della cucina povera, quella contadina quando il burro non era molto usato, quando in casa c'era l'olio e poco più, quindi ingredienti semplici olio, mele e qualche piccolo trucco conosciuto durante i corsi fatti.

Crumble ai semi tostati
  •  83 ml olio extra vergine Clara
  • 100 g di zucchero di canna
  • 100 g di farina di mandorle grezze
  • 100 g di farina 00
  • 100 g  cereali tostati (sesamo, girasole, lino).
  • zeste limone
Impasto gli ingredienti velocemente e lascio riposare in frigo, si può fare anche con cutter.

Ingredienti per la torta per una tortiera del diametro di circa 25 cm
  • 115 g di tuorli ( circa 5 tuorli)
  • 175 g uova intere (circa 3 uova)
  • 200 g zucchero di canna integrale
  • pizzico di sale
  • zeste limone
  • 145 g polvere di mandorle
  • 200 g di farina 00
  • 115 g olio Clara 
  • 2 mele pelate e ridotte a cubetti
Procedimento:
nell'impastatrice metto tuorli, uova intere, zucchero, miele, sale, vaniglia e zeste di limone, faccio montare con fruste, poi incorporo con l'aiuto di una spatola molto delicatamente per evitare di smontare la massa, la polvere di mandorle, la farina e infine olio a filo.
In uno stampo rivestito con carta forno verso l'impasto, sopra a questo metto le mele ridotte a cubetti e  sopra a questi il crumble cercando di formare delle grosse briciole.


Forno a 170° preriscaldato per 30 minuti circa, fate sempre la prova stecchino.

giovedì 21 aprile 2016

Il pane nell'antica Roma

Oggi è la giornata del calendario del cibo dedicata all'antica Roma curata da Greta De Meo.
Ed io ho deciso di dedicare il mio contributo al mondo del pane grazie anche al fatto che la scorsa estate, la nostra scuola di cucina Fabrica del gusto in collaborazione con Archeomega,  ha proposto all'interno di una rievocazione storica Attidium  Romanum un evento Archeofood il gusto della storia dedicato all'alimentazione, proprio in quella occasione ho fatto delle ricerche e impastato un po' di storia.




Il pane mi ha sempre affascinato, lo reputo lo specchio del tempo in cui si trova.
Il pane ai tempi dei Romani era inizialmente un semplice impasto di acqua e farina, Catone il Vecchio parla della puls, una sorta di polenta a base di farina di farro, orzo che veniva arricchita con l'aggiunta di legumi, carne, formaggio.
Il pane "vero"  con l'aggiunta di un agente lievitante, come mosto e che quindi si avvicina un po' al nostro pane arriva a Roma grazie ai greci intorno al III sec. a. C., quando si diffonde la coltivazione del grano duro.
Secondo Plinio solo a partire dal 171 a.C. a Roma nascono le prime panetterie e la corporazione dei pistores sino a d arrivare a produrre circa 72 tipi di pane.
 foto 


Fondamentalmente tre erano le categorie del pane che rispecchiano la società del tempo:
il pane nero, fatto con farina setacciata grossolanamente consumato sopratutto dalla classe povera;
Il pane bianco Panis Secondarium, qui la farina era setacciata in modo più accurato ma comunque sempre di granulometria grossolana ed era consumata dalla classe media e poi il Panis candidus, preparato con farina molto fine che solo sulle tavole dei ricchi poteva stare.

Plinio ne fa un lungo elenco

“Sembra superfluo ricordare i vari tipi di pane: a volte è denominato in base ai cibi che accompagna, come i pani hostreari; altre volte è distinto in base alla prelibatezza, come gli artologani; altre ancora, per la velocità di preparazione, come nel caso degli streptici; poi per le modalità di cottura, come i pani da forno o quelli cotti nei forni da campo, o nei clibani; non molto tempo fa ne è stato importato dalla Partia un tipo chiamato acquatico alcuni lo chiamano partico perché viene tirato a lungo con l'acqua, fino a fargli acquisire una fine e soffice leggerezza. II pregio maggiore del pane è nella qualità della farina e nella sottigliezza dello staccio. C'è chi lo lavora anche con uova o latte; addirittura con il burro i popoli di recente pacificati, da quando il loro interesse è stato attratto dall'arte dei fornai. Resta intatta la grande considerazione per il Piceno, che ha inventato il pane di alica. Dopo nove giorni di macerazione, il decimo, nel dargli forma, lo impastano con il succo di uve appassite e spremute, dopodiché lo cuociono messo dentro vasi che si rompono nei forni”. 
Ed è proprio leggendo del pane Piceno che il mio orgoglio marchigiano si è acceso.
 Dopo nove giorni di macerazione, il decimo, nel dargli forma, lo impastano con il succo di uve appassite e spremute, dopodiché lo cuociono messo dentro vasi che si rompono nei forni”. 

Ho cercato di riproporre quel pane ma giusto nella tecnica di impasto, perchè se seguivo alla lettera ciò che ho trovato avrei avuto come risultato un pessimo tozzo di pane.
Quindi ho messo a bagno il farro spezzato ma non per 9 giorni....




Ingredienti per 2 pagnottine di circa 600g
si inizia il giorno prima.

Abbiamo bisogno:  

  • di un  periodo di "ammollo" del farro
  •  di una biga
  • e poi l'impasto finale

Prepariamo  il farro: (io ho iniziato il pomeriggio alle ore 16:00)

  • 200 g di farro spezzato
  • 300 g di acqua calda portata a circa 75°
  • e 100 g di lievito madre rinfrescato da aggiungere in un secondo momento.
Preparazione:
riscaldiamo l'acqua e ricopriamo il farro, lasciamo raffreddare.
Il grano si gonfierà ed assorbirà l'acqua, quando la preparazione risulta appena tiepida uniamo il lievito madre, impastiamo un attimo e lasciamo maturare il tutto per 18-22 ore.


Ora passiamo a fare la biga 
 che deve maturare per circa 12-14 ore ( io l'ho fatta alle 21.30 della sera precedente)

Biga:

  • 200 g di farina 0 bio per pane
  • 2 g di lievito di birra fresco
  • 90 g di acqua
preparazione: sciogliere nell'acqua il lievito, aggiungere la farina e mescolare giusto il tempo per amalgamare i tre ingredienti, non otterremo un impasto liscio ed omogeneo e va bene così
foto
lasciamo riposare coperta da pellicola di una temperatura di 16-18°.

Impasto finale: ( iniziato alle ore 10.30 del giorno dopo)

  • l'impasto già fatto di grano e lievito madre 
  • 300 g di biga
a cui aggiungo: 
  • 200 g di farina 0 bio per pane
  • 50 g di farina di farro
  • 50 g di acqua
  • 3 g di malto diastatico
  • 12 g di sale fino
Preparazione:
in planetaria mettiamo il grano con il lievito madre, azioniamo il gancio e aggiungiamo la farina 0 e poi quella di farro; uniamo la biga, il malto e alla fine lentamente l'acqua e il sale.
Lavoriamo l'impasto sino ad ottenere una massa omogenea e ben formata, avvolgiamo a palla e lasciamo puntare per 90 minuti, coperta da una ciotola.

Poi si procede  alla pezzatura, (io ho fatto due pagnottine), dividiamo in due parti e arrotondiamo; lasciamo riposare 15 minuti.



 e poi la formatura a filoncino





per comodità vi ho messo le foto della formatura di un altro pane ma il procedimento è lo stesso, ecco perché ci sono 3 pani e non 2.


Ora devono lievitare coperti da pellicola ad una temperatura di 28° per circa 70-80 minuti.

Cottura:
forno preriscaldato a 220° con pentolino di acqua bollente all'interno.
Prima di infornare fare i tagli e spruzzare la superficie con acqua, io l'ho fatto per 3 volte nei primi 15 minuti di cottura, tempo di cottura totale 40 minuti.
Ultimi 10 minuti tenete aperto leggermente lo sportello del forno.

lunedì 11 aprile 2016

Conserva agrodolce di asparagi selvatici

Oggi è la giornata dell'asparago del calendario del cibo italiano aifb e la sua ambasciatrice Daniela Boscariolo, del blog Timo e lenticchie ci parla di questo splendido prodotto della natura.
L'asparago selvatico è uno dei primi frutti che la natura ci regala, testimone del suo risveglio primaverile.



Il suo nome ha origini controverse...
per alcuni deriverebbe da asper : ruvido , aspro;
per altri da spargao: turgido riferito ai suoi getti commestibili;
per altri ancora il termine viene da non spargo: cioè non semino per il fatto che questa pianta non si semina ma si moltiplica per via vegetativa.

Noto sin dall'antichità come pianta officinale dal grande potere diuretico, da sempre considerato un prodotto per palati fini.
Per preservare le sue qualità è necessaria una breve cottura, una buona norma già nota ai tempi dell'imperatore Augusto, il quale, quando desiderava che un suo ordine fosse eseguito in breve tempo recitava il proverbio "celerius quam asparagi cocuntur" ossia "più rapido della cottura degli asparagi".

Materiale occorrente.
vasi sterilizzati

Ingredienti:

  • 1 mazzo di asparagi selvatici ( volendo si possono usare anche quelli coltivati ma il risultato non sarà lo stesso.
  • preparare una soluzione costituita da:
  • 1 bicchiere olio extra vergine d'oliva ( per me un monovarietale Mignola)
  • 1/2 bicchiere di vino bianco
  • 1/2 bicchiere di aceto bianco
  • 1 cucchiaio raso di sale fino
  • alcuni grani di pepe nero
Portare ad ebollizione la miscela e tuffarvi le punte di asparagio, lasciare cuocere per alcuni minuti, gli asparagi dovranno rimanere al dente; poi scolarli.
Disporre le punte nei vasetti  e poi coprire con il liquido bollente, chiudere i vasetti e mettere sottosopra per  creare il sottovuoto.

lunedì 4 aprile 2016

Come ti riciclo l'uovo di Pasqua: budino al cioccolato fondente di Montersino

Quale ricetta ideale per la settimana del calendario del cibo italiano firmato aifb dedicata al cioccolato se non quella per riciclare le uova di Pasqua ?
Annarita Rossi   del blog ilboscodialici ha il piacevole compito di accompagnarci in questa dolce passeggiata, leggete il suo intervento  sicuramente lo troverete molto interessante.
riciclo uova Pasqua-ingrediente perduto

Quante uova di cioccolato avete in casa? Non mi dite che non avete pezzi di uovo di Pasqua in giro che assolutamente non ci credo!
Ecco, questa è la degna fine del cioccolato fondente, il budino di Montersino è FENOMENALE.

Per circa 10-12 porzioni io ho usato dei bicchierini della capacità di circa 70 ml
  • 100 g di panna da montare
  • 450 g latte intero
  • 50 g tuorli circa 3
  • 130 g zucchero semolato
  • 50 cacao amro in polvere
  • 100 g cioccolato fondente al 55%
  • 13 g amido di mais
  • 4 g gelatina in polvere o il fogli
  • semini di anice a piacere io ne ho messi circa mezzo cucchiaino (mia variante non prevista nella ricetta)
per decorare
  • 200 g panna fresca da montare
  • 10 g cacao in polvere

Preparazione:

se decidete di usare i semini d'anice potete lasciarli in infusione nel latte riscaldato, che poi verrà filtrato per evitare di sentire i semi nel budino.


In una ciotola mettiamo i tuorli con lo zucchero e mescoliamo bene poi aggiungiamo il cacao setacciato e la panna in cui avremo sciolto l'amido di mais.
Con una frusta mescoliamo bene bene in modo da non avere grumi nel composto.
Facciamo bollire il latte e uniamo il composto al cacao che abbiamo preparato, mettiamo sul fuoco e portiamo a cottura sino a 90°.
A questo punto togliamo dal fuoco e uniamo il cioccolato spezzettato e mescoliamo sino a scioglierlo completamente, lasciamo freddare un pò, intanto mettiamo in ammollo la gelatina.
Quando il composto avrà raggiunto i 60° circa uniamo la gelatina ben strizzata, mescoliamo facendola sciogliere bene.
Ora possiamo fare i nostri bicchierini o ciotoline.... lasciamo i contenitori freddare a temperatura ambiente e poi trasferiamo in frigo.
Decoriamo poi con un ciuffo di panna montata e spolveratina di cacao amaro.
In genere è meglio farlo il giorno prima.
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